Raetia e le banche, crac da 344 milioni


AD1609ECT1-08-08-C1.qxdDi Mario: ho rifiutato di firmare i mandati per l’evasione Iva da 42 milioni di euro
L’immobiliarista che aveva conferito gli immobili al fondo di Raetia rivela: dal gennaio 2009 le mie società sono state commissariate, da allora hanno deciso sgr e banche «Con i 13 milioni di caparre degli acquirenti delle case pagati interessi e parcelle a consulenti». Agli istituti di credito l’Iva reclamata dall’Agenzia delle entrate di Trento.

Tratto da l’Adige del  martedì 16 settembre 2014 – Articolo a cura di Francesco Terreri

TRENTO – Il fallimento e la messa in liquidazione delle società
di Loris Todesco (l’Adige dell’11 settembre) sono solo una parte del crac dei fondi immobiliari gestiti da Raetia sgr, la società di gestione oggi controllata dalla Cassa di Risparmio di Bolzano e negli anni scorsi partecipata dalle principali finanziarie dell’asse del Brennero, La Finanziaria Trentina, Euregio Finance e Cis. I debiti complessivi accumulati dai fondi di Raetia, tutti in liquidazione, superano i 344 milioni di euro (vedi tabella). E sulle operazioni condotte dalla sgr, dai promotori delle iniziative immobiliari, come Todesco per l’ex Frizzera a Trento (foto in tabella), e dalle banche finanziatrici è aperta più di un’inchiesta penale. Risvolti inediti su queste vicende li offre Raffaele Di Mario, titolare del gruppo Dimafin, ora fallito, che all’epoca conferì le sue attività ad un fondo di Raetia. Di Mario, indagato per bancarotta fraudolenta, ha raccontato all’Adige la sua verità.
Nel 2008 lei ha conferito il suo patrimonio immobiliare, più di 200 milioni di euro, al fondo Diaphora 1 di Raetia sgr. Qual era il suo intento? «Per la verità è stato il sistema bancario che ha individuato Raetia sgr, che era stata costituita anche con la partecipazione delle banche. In 45 giorni fu fatta la due diligence e i conferimenti su un portafoglio di 230 milioni di euro contenente anche 600 contratti preliminari di acquisti di future case». Intende dire che 45 giorni sono pochi o sono tanti? «È evidente che sono pochi. Analizzare un portafoglio così complesso richiede tempi molto più lunghi». E allora secondo lei perché è stato fatto così? «Per come sono andate le cose, è evidente la commistione tra banche, sgr e professionisti delle banche. Lo stesso giorno del conferimento, il 23 dicembre 2008, il fondo ha contratto un nuovo finanziamento di 42 milioni da sommarsi a quelli esistenti, già elevati. La natura del finanziamento era sotto la voce finanziamento Iva. Io mi rifiutati di firmare i mandati irrevocabili di questo nuovo finanziamento e le banche, dal gennaio 2009, commissariarono il gruppo Di Mario». Si tratta proprio dell’operazione che ha portato l’Agenzia delle en- trate di Trento ad accertare un’evasione Iva, oggi lievitata a 57 milioni. «Nella realtà dei fatti quell’Iva anziché versarla allo Stato è stata oggetto di beneficio degli stessi istituti bancari. Come si suol dire, con una mano si dà e con l’altra si riprende. Tant’è che dopo un lungo tira e molla e con le mie dimissioni il finanziamento è stato girocontato il 16 gennaio 2009». Da quel momento chi ha preso le decisioni? «Le decisioni le prendevano Raetia e le banche, ma è chiaro che i gestori di Raetia prendevano ordini dalle banche. I cantieri non sono mai partiti, nonostante si continuasse a erogare nuova finanza. Hanno continuato ad incassare i rid degli acquirenti, che pagavano mediamente 400 euro mensili per 30 anni, ma invece di utilizzare i soldi per continuare la costruzione delle case li impiegavano per pagare gli interessi sui finanziamenti bancari e le parcelle ai professionisti». Cioè cosa succedeva? «I consulenti incaricati dalle banche percepivano milioni di parcelle e intanto preparavano l’accordo di ristrutturazione dei debiti del gruppo Di Mario, che venne rigettato dal tribunale il 24 novembre 2010. Intanto però veniva erogato un nuovo finanziamento di 55 milioni. E ce ne furono altri ancora». Nuovi crediti per pagare i vecchi debiti. «A pagare il conto più salato sono stati gli acquirenti delle case. Raetia ha incassato tra acconti e caparre circa 13 milioni di euro. I contratti preliminari che avevamo fatto noi prevedevano, a fronte delle caparre, polizze fideiussorie delle Assicurazioni Generali. Ma oggi non si sa che fine abbiamo fatto le caparre e le stesse polizze». Lei comunque in questa vicenda è indagato per bancarotta fraudolenta. «Le mie responsabilità le stabilirà il tribunale. Ma dal gennaio 2009 le decisioni sono state prese da Raetia e dalle banche. Che hanno ingannato clienti, fornitori e subappaltatori».

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